Democrazia
partecipativa
nel Comune di
Grottammare
Analisi dei
risultati
Spostando lo spettro di analisi da un
livello descrittivo ad uno più marcatamente
analitico - qualitativo è possibile effettuare
una serie di considerazioni assolutamente
importanti per una visione più completa della
sperimentazione in questione. Attraverso un
lavoro di ricerca che ha ricostruito 124
processi decisionali effettuati nei dieci anni
di sperimentazione, diverse sono state le
conclusioni e gli spunti su cui
riflettere.
Innanzitutto analizzando le diverse
richieste d’intervento si è potuto evidenziare
come, specialmente nel momento iniziale, la
maggior parte di esse provenivano soprattutto da
due quartieri; essi in altri termini quasi
monopolizzavano l’attenzione
dell’amministrazione a scapito degli altri
quartieri. Solo un approccio socio-cultarale ha
potuto svelare il perché di questa apparente
anomalia. Le due zone in questione erano,
infatti, quelle più a sud della città ed erano
figlie di una pianificazione territoriale
assolutamente screiterata e affatto razionale;
Ischia II e Ischia I (questi i loro nomi), agli
inizi degli anni ’90, si configuravano come veri
e propri quartieri dormitorio con un tasso di
immigrazione elevatissimo e nessuna politica
sociale, culturale o spazi aggregativi che
potessero ammortizzare e contrastare
l’incremento demografico di queste
zone.
Le
prime Assemblee furono dunque prese
letteralmente d’assalto da questi quartieri che
chiedevano all’amministrazione più attenzione e
opere di sostegno alle fasce più deboli della
società. In altri termini la partecipazione
popolare ha permesso di azionare meccanismi di
inclusione sociale determinanti per uno sviluppo
equilibrato ed equo del territorio. Oggi,
infatti, questi quartieri sono splendide realtà
che non hanno nulla da invidiare a realtà più
centrali o storicamente più strutturate. Se
consideriamo che anche la formazione di Comitati
di Quartiere in queste zone è stata più rapida e
autonoma vediamo come la partecipazione si è
posta proprio come strumento perequativo del
tessuto sociale grottammarese.
Altro ordine di considerazione si può
effettuare se consideriamo la portata delle
richieste emerse nelle pubbliche Assemblee; se
le classifichiamo convenzionalmente in zonali
(quando riguardano il solo quartiere che le
richiede), interzonali (riguardano più
quartieri) e cittadini (riguardano l’intera
città) possiamo vedere che un analisi sincronica
evidenzia una forte predominanza di richieste
del primo tipo; tuttavia incrociando a questa
variabile una dimensione cronologica, si
evidenzia come con il passare del tempo la
percentuale delle richieste di carattere
generale raddoppi con il passare del tempo.
Segno tangibile che oltre a dinamiche inclusive,
questo processo mette in moto meccanismi di
educazione popolare affatto trascurabili e per
certi versi determinanti per la riuscita del
processo. Avere una popolazione che ragiona in
maniera globale abbandonando logiche
particolaristiche e individuali significa
spostare la qualità della partecipazione su un
gradino decisamente più alto.
Altri risultati degni di nota sono il
grado di realizzazione degli interventi
richiesti e l’impegno economico delle diverse
richieste; la prima variabile da la misura
dell’importanza degli istituti partecipativi in
questione non tanto per la base popolare, quanto
per l’amministrazione stessa; in altri termini
l’analisi evidenzia che il 90 % degli interventi
richiesti hanno trovato una effettiva
realizzazione. Questa percentuale così elevata
va a legittimare il processo ponendo la
partecipazione come vero e proprio modus
operandi del corpo amministrativo e non tanto
ricompensa per il consenso elettorale.
Ragionare sull’impegno economico delle
richieste significa altresì sfatare un luogo
comune affatto sopito da chi non conosce da
vicino il processo; infatti l’obiezione di
parecchi amministratori secondo la quale non ci
sarebbero i soldi nelle casse comunali per
assecondare i cittadini in tutte le loro
richieste appare confutata dall’analisi dei
dati: oltre il 60 % delle richieste sono a basso
costo (nessuna spesa o talmente bassa da non
rappresentare un problema per le casse
comunali), in 23 % hanno un costo intermedio e
solo il 9 % degli interventi richiesti è ad alto
costo (investimenti caratterizzanti e che pesano
fortemente sul bilancio). Il 2003 ha dimostrato
per l’ennesima volta che il cittadino non può
essere considerato come un bambino capriccioso
che scegli sempre il giocattolo più costoso;
nelle sei Assemblee di Decido Anch’io solo un
quartiere ha scelto l’intervento più
oneroso.